Nella nostra ricerca ho fatto uso di una statistica inferenziale ovvero induttiva.
Il margine di errore è stato stabilito del 5% (p<0.05) ma nella ricerca spesso arriva ad esser inferiore all’ 1%.
Ciò che volevo comprendere era se le relazioni tra una o più variabili indipendenti (qualitative e poste a priori) su alcune variabili dipendenti di tipo quantitativo fosse un legame statisticamente significativo o semplicemente legato alla causalità e dunque per la ricerca irrilevante.
Era quindi indispensabile un campione casuale o semi causuale di soggetti (come è accaduto per me nella scelta dei pazienti legata al luogo cioè la casa di Cura Villa Baruzziana). Inoltre tale campione doveva essere rappresentativo di determinate patologie psichiche presenti nel nostro tempo.
Ho poi raccolto dati tramite i tre tests di cui ho ampliamente parlato (FF.E.,CDQ,CBAH nelle 3 sottoscale della scala A e della scala B).
A questo punto ho applicato il test dell’ANOVA per veder di verificare le nostre ipotesi sperimentali. Successivamente, a riprova e conferma ulteriore, ho fatto il test post-hoc di Fisher’s.
L’ANOVA è un tipo di test che consente di confrontare le medie di più gruppi:
Anche l’ANOVA è facilitata dal computer ma è necessario inserire dati corretti,un campione valido e valutare la significatività delle tabelle.
Il valore F dell’ANOVA esprime un rapporto di medie. Notiamo che più è piccolo F e l’intervallo di confidenza è uguale o minore di cinque, più la nostra ipotesi sperimentale è valida.
Se l’oscillazione,o distanza dalle medie tra i gruppi, è piccola (varianza tra gruppi), anche il valore di F è piccolo.
Se la varianza delle medie tra gruppi è simile alla varianza di ogni soggetto rispetto alla media del proprio gruppo, allora possiamo affermare con una probabilità di errore uguale o inferiore al 5% che questi rapporti son statisticamente significativi.
Ho voluto confrontare la varianza delle medie tra i disturbi clinici quali dist bipolari, ansia, depressione, dist correlati a sostanze, compreso l’alcool, e schizofrenia e disturbi associati, con la varianza entro i gruppi di variabili dipendenti che sono 8 e che riassumerò successivamente.
Dalle analisi è emerso che la fragilità emotiva è associata nettamente alla depressione, ma anche a tutte le altre patologie psichiche considerate, infatti i suoi punteggi sono maggiori nei pazienti rispetto ai soggetti sani.
Il CDQ pone meno differenze tra sani e pazienti ricoverati.
L’ansia di stato predomina nei bipolari e nei depressi in modo decisamente accentuato.
Le paure sanitarie sono più accentuate nei depressi e nei soggetti con comorbidità di tali disturbi.
Le reazioni depressive al momento del ricovero sono presenti nella depressione in comorbidità cogli altri disturbi, anche se tali reazioni non sono accentuate.
Nei mesi precedenti il ricovero il tono dell’umore appare notevolmente più basso nei depressi e anche nei bipolari in fase maniacale ritrovandoci così nella sfera delle patologie dell’umore (depressione unipolare e bipolare).
Il benessere psicofisico appare nettamente abbassato nei depressi bipolari e nei disturbi da sostanze rispetto ai sani .
Possiamo dire lo stesso per lo stress . Notiamo che calo dell’umore,del benessere e aumento del distress prevale nei depressi unipolari, ma anche bipolari e nei disturbi da abuso di sostanze.
Se associamo invece i disturbi clinici in interazione coll’istruzione o anni di studio, notiamo una relazione significativa sull’ansia di stato per i pazienti depressi uni e bipolari
Se associamo come variabili indipendenti i disturbi clinici e l’età come categoria giovani-anziani osserviamo che l’unica interazione significativa è proprio quella sulla fragilità emotiva. Si nota che c’e una notevole differenza tra giovani più fragili emotivamente e ancora non equilibrati e più portati alla caduta di autostima, senso di insoddisfazione, vuoto e appesi a sogni illusori che hanno poca aderenza colla realtà.
Questa differenza emerge anche sull’ansia, nel momento in cui c’è uno scarto tra i giovani molto più predisposti a disturbi di ansia rispetto agli anziani che forse più esposti a prove rigide nella vita trovano strategie di coping più valide ed efficaci.
Se associamo poi i disturbi con l’età notiamo un’influenza significativa sullo stress precedente l’emergere dei sintomi conclamati e del ricovero. Ciò emerge soprattutto nelle depressioni uni e bipolari e nei disturbi correlati a sostanze.
Tutta questa tesi sperimentale è stata incentrata sul concetto della Fragilità Emotiva e su come questa sia lo spartiacque tra soggetti con disturbi psicologici e soggetti sani.
La nostra ricerca ha messo in luce l’aspetto direi quasi superfluo della farmacoterapia: come infatti ho già detto in più occasioni gli psichiatri coi farmaci avrebbero forse un po’ la presunzione di risolvere spesso in toto le patologie della mente umana così complessa e delicata, ma purtoppo si trovano a non riuscire davvero sino in fondo a porgere quella mano che il paziente vorrebbe.
Purtroppo la psichiatria a volte ha l’utopia di vedere la mente solo come un ingranaggio di neuroni, sinapsi, neurotrasmettitori così oggettiva da poter esser modificata dagli psicofarmaci che mediante processi di serotonina, noradrenalina ecc…ripristinerebbero equilibri delicati e impossibili da risistemare senza farmaci chimici.
In realtà tutto è molto più complesso e richiede un approfondimento non solo psicologico, ma anche esistenziale e antropofenomenologico ovvero delle manifestazioni molteplici dell’uomo e della sua sofferenza…..cosa è in fondo la fragilità emotiva?
La suscettibilità e la persecutorietà non sono altro che espressioni di tristezza, di senso di esser vulnerabili, indifesi, pieni di sconforto, inadeguatezza rispetto alle esigenti richieste di Sé, e poi dal microcosmo familiare fino al macrocosmo sociale, senso di emotività e sensibilità finissimi…quasi impercettibili a chi pone barriere difensive di sopravvivenza che possono ferire chi invece ha questa fragilità emotiva.
E ancora ritroviamo la suscettibilità emotiva nel senso di agitazione profonda e ancora di quello sconforto profondissimo che rendono la vita pesante, complessa, come un percorso continuo ad ostacoli e trabocchetti da voler chiedere talora un SOS o comunque una pausa, un allentamento della tensione, un rilassamento vero, senza esser giudicati, presi in giro e senza ricevere bombardate di consigli quando invece basterebbe fermarsi, ascoltare i propri tempi e darsi il proprio ritmo.
Sembra facile eppure in un ingranaggio sociale basato sul sistema del rapporto costi-benefici, di efficacia-efficienza, di consumi che ti prendono in una morsa senza mollarti un attimo e dove le dipendenze sono in aumento a partire dalla vecchia tossicodipendenza e dalla dipendenza dall’alcool, fumo alle nuove miriadi di dipendenze soprattutto legate all’avanzamento tecnologico così massiccio e invadente …..e allora troviamo lo shopping compulsivo, la bulimia o la iperfagia come dipendenza dal cibo avida, la dipendenza da Internet, cellulari, la dipendenza dal gioco d’azzardo e dal gioco delle schedine del totocalcio, totip, bingo, lotteria ecc…
Oggi emerge anche la dipendenza proprio dagli psicofarmaci, come se le pillole avessero un potere magico, risolutore e si delegassero quelle mancanze interne ai farmaci.
Ma la dipendenza cosa esprime e perché abbiamo notato che si correla strettamente e significativamente con la fragilità emotiva?
La risposta ora non sembra troppo lontana dalla nostra comprensione……la dipendenza esprime un urlo, un bisogno di comprensione, di rispetto da parte delle persone…ma dal momento che tutto ciò risulta nascosto, sotterrato dal materialismo, si ricerca una dipendenza con conseguente astinenza in caso di assenza, proprio perché il vuoto interiore, il senso di sofferenza profonda non devono esser ascoltati, altrimenti l’angoscia emotiva diventa una voragine insopportabile, logorante, quasi un baratro.
E da qui emerge la correlazione ancora più forte della fragilità emotiva con la depressione, il male oscuro, quello appunto che dilania e da’ ferite dentro rimarginabili, ma incancellabili.
E la depressione non si lega solo con la suscettibilità, ma anche con il senso di Persecutorietà e cioè con la rigidità del Super-Io interno cioè col proprio tribunale interno, ma anche con quello esterno, della moralità sociale.
Infatti, il logorìo tipico della depressione è quello di sentirsi pieni di sensi di colpa e angoscia come se si avesse commesso azioni o si avesse pensato cose terribili che potrebbero danneggiare il prossimo in modo irreparabile.
E da qui emerge l’idea che il depresso si senta chiuso in una morsa, senza vie di uscite e forse da qui nei soggetti più sensibili e pieni di idee di insufficienza, incapacità, inferiorità rispetto agli schemi imposti insorgono idee di suicidio.
La suscettibilità invece è quella che porta al depresso anedonia, cioè senso di mancanza terribile di felicità o a volte solo di un po’ di gioia o piacere….piano piano anche le cose che davano piacere perdono di colore, tutto si appiattisce o meglio il baratro si espande e diventa una voragine …..la dimensione spazio-temporale scompare in quanto il dolore e la pesantezza del fardello della vita legata a questa fragilità emotiva diventa immenso, tanto da rallentare e togliere le energie, risucchiarle. Il tempo sembra fermarsi e il depresso vorrebbe fermare anche lo stato di veglia che procura dolore per poter alleggerirsi almeno per un po’ e riposare veramente.
Anche il cibo diviene un oggetto senza vita che serve per tenere in vita, ma perde il senso di convivialità, rito di scambi comunicativi; quella condizione è solitudine allo stato puro e dunque chi potrebbe capire sino in fondo?
La sintomatologia depressiva esprime un isolamento totale, quasi artistico, ma rimanendo sul piano nevrotico appare una semplice mancanza di voglia di fare, l’essere un po’ giù di tono, non esser in gran forma, un esaurimento.
In realtà è molto più grave e riemergere è difficile come frequenti sono le ricadute.
Tutto questo mi porta a dire che il tema della fragilità deve essere approfondito, deve ricevere un peso decisamente maggiore.
E’ necessario studiare meglio queste correlazioni tra Fragilità Emotiva e depressione per dire al mondo scientifico che esso è insufficiente a curare la depressione e le dipendenze in genere.
I pazienti, dalla etimologia greca- patior- che significa “soffrire”, vogliono ardentemente essere persone con diritto alla felicità non apparente ma reale con comprensione profonda di questa fragilità che è sensibilità tremendamente distruttiva e al tempo stesso ricca e attiva e anche poliedrica, un brutto viaggio in questo stupido mondo alla ricerca di briciole di star bene e di speranza di un futuro più sereno .
Il mondo della scienza medico-psicologica dovrebbere porsi in un atteggiamento più umile e meno presuntuoso, cercando un approccio più umano, alla pari, come persone, senza dislivello tra dottore-sano, che istruisce e ha in mano la verità e deve impartire giusti farmaci o consigli dall’alto della sua sapienza, e paziente-malato che passivamente assorbe come una spugna tutto senza arrivare però a una reale comprensione di se stesso e delle proprie difficoltà.
In ambito psicologico sono stati fatti progressi, ma la strada da fare è ancora lunga, è necessario livellare ancora di più il rapporto “maestro-allievo” imparando anche dalla filosofia greca e dalle filosofie intimistiche e riflessive orientali.
Bisognerebbe che lo psicologo o psicoterapeuta non indagasse in modo invadente il paziente, gli desse il tempo di trovare, come ho già detto, i suoi ritmi, metabolizzando lentamente e non violentemente la sofferenza e la fragilità emotiva.
Il paziente, come già dice la psicologia della salute, ha diritto non solo a star meglio ma ad arrivare a un buon benessere psicofisico (well-being”) e nei momenti di stress a trovare efficaci strategie di coping.
Per concludere, possiamo dire che questo è l’inizio di un percorso di collaborazioni indispensabili tra diverse branche della psicologia della salute, relazionale, familiare, di gruppo, di counselling, rogersiana, cognitiva-comportamentale, psicoanalitica, bio-energetica, bio-sistemica, ecc. assieme a discipline olistiche incentrate sulla ricerca dell’armonia mente-corpo-emotivo-spirito quali lo yoga, l’astrologia, la medicina tradizionale cinese…