Sofferenza psicoemotiva come blocco inconsapevole di energia

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Il respiro come canale energetico

La massima espressione del respiro è fluidità lungo tutti i centri energetici, chiamati chakras, denominati da Reich, segmenti. Il respiro dunque se è pienamente libero, privo di ostacoli, blocchi, tensioni può scorrere dal basso verso l’alto progressivamente nell’inspiro (e dall’alto verso il basso nell’espiro) lungo i sette centri o chakras.

Il mio intento è di approfondire questo percorso attraverso questi nostri centri energetici in cui scorre o si blocca il flusso energetico e delle possibilità di intervento terapeutico.

I Chakras come funzioni sono correlate al contatto tra gli spazi, tra spazio interno ed esterno, tra il sé e l’altro da sé.

1- il primo centro di base è quello della radice, il sacro (segmento pelvico alla base del coccige), il muladhara, che ci ancora alla terra grazie al grounding . E’ il corpo materiale che ci fa percepire con tutta la bellezza dei nostri sensi, ci consente di soddisfare i bisogni di sopravvivenza, di sicurezza con la ricerca del piacere, è correlato al funzionamento della ghiandole surrenali, alla struttura ossea, al sistema depurativo (reni,vescica), all’assetto della colonna vertebrale, al sostegno delle gambe e dei piedi. Il nostro buon radicamento alla Madre Terra inizia col contatto con la mamma biologica (radicamento al seno, agli occhi, al ventre, alle braccia e poi alle parole della madre) per poi passare al suolo in varie fasi progressive (prono, supino, carponi o quattro zampe per focalizzare l’energia aggressiva per avanzare, accovacciato, stare seduto per essere più adulti, controllati e sensibili alla comunicazione cogli altri, fino allo stare eretto su due piedi).

Ognuno di noi ricerca un suolo esterno che è specchio di un suolo interno, di un terreno, di uno spazio vitale esistenziale. Il grounding verticale significa essere saldamente ancorati coi piedi alla terra e avere un pieno e consapevole contatto energetico con esso. La paura di cadere e farsi male crea tensioni corporee intense, impedisce la percezione del camminare in maniera libera e spontanea, sottraendo il piacere del movimento, bloccando spesso anche la possibilità di lasciarsi andare alle emozioni affettive intense.

Il riflesso della nascita è alla base del radicamento e richiama anche il riflesso orgasmico per via di un coinvolgimento profondo, piacevole, involontario che comporta forti scariche di energia in direzioni specifiche, con rilasciamento finale.

2- Il centro del respiro si trova nell’hara, tra l’ombelico e il pube, è il nostro centro vitale, eterico, fluido, legato al desiderio. L’eccitazione sessuale se il chakra è disarmonico può tramutarsi in disinteresse sessuale, ossessione e dipendenza sessuale. Presiede a livello anatomofisiologico al sistema riproduttivo e immunitario. L’energia sessuale è prima di tutto gioia di vivere che può essere liberamente espressa. E’ connesso essenzialmente al potere dell’agire. Senza centratura in basso la nostra azione sarà inefficace, priva di forza. Collega il mesoderma, la muscolatura e la struttura scheletrica, con l’endoderma, le emozioni viscerali. Il respiro nell’addome necessita di un collegamento col centro del cuore attraverso il diaframma aperto per poter divenire centrati nel potere dell’amore.

3- Il plesso solare, il segmento diaframmatico, il Manipura, è il centro di fuoco, astrale, emozionale connesso alla volontà, al potere di autoaffermazione. La ghiandola corrispondente è il pancreas, e a livello anatomofisiologico presiede il funzionamento digestivo, neurovegetativo e muscolare. Possiamo armonizzare le emozioni e divenire artefici della nostra vita e arrivare all’ autorealizzazione, se il plesso solare è in condizione armonica.

Il terzo centro pone la psicoterapia a contatto con il tema del confine soprattutto nel caso di pazienti border e psicotici. Il confine è quello dell’Io e del controllo degli impulsi. Janov procede su tre interventi progressivi coi pazienti: il primo è il contatto con le emozioni viscerali e primitive; il secondo è l’espressione delle emozioni e il terzo è l’integrazione dell’Io grazie al linguaggio e all’insight. L’espressione emotiva comporta rispetto all’impulsività la presenza sia di emozioni forti, sia del controllo consapevole di esse. L’esplosione emotiva è l’abbandono di qualsiasi modalità di autoregolazione egoica e il farsi travolgere dal flusso potente e talvolta distruttivo delle pulsioni emotive. Per Lowen sostiene che con pazienti prepsicotici è necessario lavorare parallelamente sia sull’espressività emotiva sia sul rafforzamento e contenimento dell’Io. Colpire il cuscino per sfogare l’odio va contenuto nella prescrizione di interrompere l’azione quando richiesto dal terapeuta, il quale funge da confine. L’impulsività ipocontrollata che emerge ad esempio nel border, è tipica del bambino che necessita appunto di un aiuto per sviluppare un controllo dell’Io, per iniziare a posticipare la gratificazione immediata del piacere, per apprendere il radicamento alla realtà, la gestione e contenimento delle emozioni. Dall’altro estremo dello spettro del controllo degli impulsi troviamo l’adulto coatto, rigido, ipercontrollato, che necessita di un aiuto terapeutico per sviluppare il contatto e la percezione con il flusso spontaneo delle emozioni e azioni più naturali grazie al radicamento dell’Es nel piacere, nel corpo, nello stare in ascolto della scarica di eccitazione emotiva. Boadella coi prepsicotici lavora sul principio di volontarizzazione, cioè sulla costruzione graduale del controllo dell’Io, per conoscere e dosare la rabbia e sentirsi più sicuri, anziché respingerla. Infatti lo schizofrenico si fonda sulla scissione come difesa primitiva da emozioni forti quali il terrore, e l’odio verso cui ha una tolleranza minima. La scissione allontana la mente dal corpo, dai suoi flussi energetici provocando disorientamento, allucinazioni, deterioramento cognitivo e linguistico e agiti distruttivi. Le emozioni sono trattenute con impotenza nell’esprimerle per poi scoppiare lacerando e frammentando l’Io con la frustrazione di non riuscire a contenerle. A livello corporeo il contatto visivo è bloccato. Per facilitare l’espressione della paura si aiuta il paziente progressivamente a sbarrare gli occhi e a urlare. Come direbbe Stupuggia il terapeuta facilita nel paziente l’ampliamento della finestra di tolleranza psicofisiologica di livelli sempre maggiori di attivazione ed eccitazione simpatica e parasimpatica. Lo schizofrenico ha angoscia anche del piacere che crea un improvviso accrescimento dell’arousal per cui fugge dall’eccitazione corporea verso un caricamento eccessivo cognitivo che proietta su forze esterne e invasive le modificazioni corporee. Nel setting necessita di una maggiore distanza prossemica col terapeuta per sentirsi più sicuro e a proprio agio. Deve anche poter vedere una via di fuga. Se un bambino autistico percepisce un adulto non intrusivo, che non lo fissa negli occhi nella stanza può abbandonare le proprie difese, i propri schemi. Il contatto troppo intimo è terrore della vicinanza, della fusione simbiotica in cui si teme la dissoluzione dei confini.

Perls pone la possibilità dell’allontanamento dal contatto come prerequisito per entrare nel contatto con l’altro. Lo schizofrenico salta dall’estremo dell’impotente dipendenza del rapporto simbiotico, fusionale, assorbito e risucchiato nell’altro, all’estremo del congelamento, della pietrificazione, dell’isolamento, della solitudine del deserto interiore. Ha bisogno di sperimentare tantissime volte la distanza, per iniziare a sentire una propria pelle, un proprio confine, un proprio territorio di azione e uno spazio di pensiero e fantasia, come direbbero i Bakker, per poi espandersi e crescere. Il terapeuta ha la funzione di rigenitorializzazione, facendo sperimentare all’altro una regressione tattica, concordata. Il paziente lascia temporaneamente in seduta i suoi tentativi infruttuosi di fronteggiare la vita adulta per risperimentare fasi di crescita e sviluppo dei primi anni di vita, con una disintegrazione positiva e contenuta dal terapeuta.

4- Il quarto chakra è il Cuore, il segmento toracico, l’Anahata, legato all’elemento dell’aria, al corpo sottile causale. La funzione psicologica a cui presiede è l’amore, la gioia, la compassione e conduce all’equilibrio. La ghiandola correlata è il timo e presiede l’attività dei polmoni, del cuore, della circolazione, degli arti superiori. Uno squilibrio porta ad avidità, avarizia, sperpero, anaffetività o al contrario possessività. Il cuore è il centro del perdono e della stima rivolti a sé e agli altri. Lavorare sul centro del Cuore significa focalizzare la consapevolezza sul transfert, su uno schema relazionale di interferenza proiettato sul terapeuta. La coscienza di tale modalità disfunzionale può condurre a un nuovo schema relazionale basato sulla risonanza, sulla sintonizzazione più funzionale, su una moderazione di un ritmo non estremo di eccessivo attaccamento o eccessivo distacco.

Reich mette in connessione il transfert del paziente allo strato più esterno e superficiale della corazza, con le sue maschere difensive e allo strato intermedio delle emozioni potenti distruttive, confusive, angoscianti. La risonanza invece è la sintonizzazione tra lo strato centrale interno del vero Sè del paziente con quello del terapeuta.

Se il nucleo centrale del paziente si rapporta alla maschera del terapeuta manca la fiducia, se si rapporta allo strato di ombra del terapeuta rischia invece la disintegrazione. Se al contrario il nucleo del terapeuta si rivolge allo strato difensivo dell’altro, tutto resta immutato, non si verifica nessun cambiamento nel paziente. Se il nucleo del terapeuta contatta lo strato intermedio di angoscia dell’altro il terapeuta si può sentire bloccato, rifiutato, confuso, o ancora arrabbiato, ferito, sfinito, privo di energia. Lo scambio tra strati superficiali sia del terapeuta che del paziente conduce a chiacchere formali. Il contatto invece tra strati di ombra di entrambi porta alla proiezione della rabbia sull’altro.

Il transfert è positivo se riguarda la maschera del paziente che ricerca la colla psichica della dipendenza priva di responsabilità individuale. Il controtransfert positivo del terapeuta consiste nel fatto che il terapeuta abbia bisogno dell’altro per soddisfare un bisogno di aiutare, di sentirsi utile per la propria autostima. In tale caso il terapeuta si avvicina troppo, si sostituisce all’altro, bloccandolo nella crescita, indebolendo il paziente che perde fiducia nelle proprie risorse oppure il terapeuta rimuove la propria capacità di imporsi e resta solo ad ascoltare.

Il transfert è negativo se il paziente critica il terapeuta, se perde fiducia in lui e il controtransfert consiste nello sminuire il paziente sentendosi minacciato, con un’assenza o un eccesso di rabbia, con una ipoattivazione o una iperattivazione di sfida e provocazione eccessiva verso il paziente.

La paura in rapporto al transfert si muove sue due polarità:

– paura dell’impotenza, che si racchiude nella paura della morte, nell’angoscia dell’orgasmo; è il timore della fusione dei confini e del lasciarsi andare. Il rischio è di essere sopraffatti da troppe emozioni, di perdere il contatto col suolo, di esser spazzato via, di perdere il corpo, i confini, il sé. Il terrore è la dipendenza, per cui il paziente si va a trincerare dietro a una corazza di forza, di ipergrounding rigido di tipo verticale per evitare di cadere a terra e sperimentare il radicamento orizzontale del sostegno. Il lavoro terapeutico è sulla ricerca della buona distanza, aprendosi all’altro.

– paura dell’indipendenza che racchiude la paura di nascere, di crescere, di sperimentare il radicamento verticale divenendo autonomi e perdendo il supporto esistenziale. Il paziente si nasconde dietro una eccessiva debolezza per reiterare il ruolo del bambino bisognoso di cure o della vittima giustificata. Il lavoro terapeutico è di centratura sulla proprie risorse per iniziare un viaggio in piena e libera indipendenza e sicurezza.

Il dialogo vero in terapia è uno scambio, una apertura dei confini con risonanza, sintonizzazione, aumento dell’energia elettromagnetica del campo interattivo. Si impara a sperimentare un dialogo che nel corso della vita è stato innumerevoli volte interrotto per una violazione, invasione dei confini o per una privazione, un’assenza di ascolto.

5- Il centro della gola, o segmento cervicale,il Vishudda, è legato alla dimensione del suono, della funzione comunicativa, creativa e passa dall’espressione verbale. La ghiandola correlata è la tiroide, e presiede il funzionamento del sistema respiratorio, dell’apparto vocale, del collo. Un disequilibrio conduce a logorrea, silenzio, autismo, balbuzie. Possiamo donare e ricevere in armonia se riusciamo a equilibrare questo centro, avendo la possibilità di esprimere il cuore attraverso la voce, e anche le percezioni dei centri inferiori. Le distorsioni nel linguaggio sono l’introiezione, cioè l’identificazione eccessiva con gli altri, con i loro giudizi, col rischio di una perdita del sé riempito da contenuti altrui, oppure all’altro estremo la proiezione sugli altri di caratteristiche personali che non accettiamo, buttando fuori ciò che ci ha violato, senza riconoscerlo. La proiezione ruota intorno alla paura e alla rabbia intollerabili al proprio interno e rigettate in maniera del tutto reattiva, difensiva e inconsapevole sull’altro. Per riesperire in terapia una comunicazione arricchente è importante il facing ovvero un lavoro sul contatto visivo, vocale e sull’ integrazione tra linguaggio, percezioni ed emozioni. Stare autenticamente innanzi all’altro permette il riconoscimento di sé, una chiara visione reciproca e interna. La capacità di parola è una combinazione di movimenti di suzione e di suoni espirati. I ritmi del respiro attraverso la bocca simbolizzano i processi di pensiero, sono una copia dei ritmi fisiologici nella cavità cerebrospinale. Esprimiamo col discorso entro uno spazio di aria in vibrazione quanto si verifica nei fluidi cerebrospinali in vibrazione. Il linguaggio è appreso per imitazione e all’inizio è un gioco, una sperimentazione che diviene strumento per contattare l’altro. I toni di voce secondo J. Pierrakos sono essenziali per comprendere i disturbi caratteriali dei pazienti. La voce piatta con monotono limita l’espressione emotiva, ed è tipica di un carattere orale, bisognoso, che cerca di ottenere attenzioni ed evita di percepire il vuoto. Un tono alto impedisce di contattare le sensazioni sessuali, è tipico del carattere isterico. La voce meccanica , asciutta, fredda è tipica dello schizoide. Infine la voce affettata, artificiosa è tipica del masochista lamentoso.

Il linguaggio può esprimere una profonda creatività, può essere un canale per liberare energie e mettere a fuoco delle emozioni e creare un ponte con sé e con l’altro. La comunicazione terapeutica è una forma potente di cambiamento che si verifica quando in presenza dell’altro diveniamo ciò che siamo lasciando la pretesa egoica di inseguire un ideale di perfezione o una immagine di sé contaminata dalle pretese altrui.

 

6- Il centro della fronte, del terzo occhio, il segmento oculare, l’Ajna, è correlato allo stato della luce, della visione chiara, dell’intuizione, per orientare l’azione verso ciò che è giusto e rispettoso per sé e per gli altri. E’ connesso alla ghiandola pituitaria e presiede il funzionamento del sistema nervoso, della parte inferiore del cervello, del naso, delle orecchie e dell’occhio sinistro. Questo centro coglie l’interconnessione tra l’Io, gli altri, e il macrocosmo e riconcilia l’intuizione femminile, lunare dell’emisfero destro con la razionalità maschile, solare dell’emisfero sinistro. Un disequilibrio produce immagini ossessive e un restringimento di visione della realtà, insonnia o ipersonnia, confusione mentale. Lo schizofrenico si sente posseduto, invaso da pensieri e immagini che non gli appartengono e che sono incontrollabili (deliri e allucinazioni).

 

7- Infine l’ultimo centro è quello della corona, il segmento oculare, il sahasrara, correlato alla sommità del capo. Esprime la coscienza, il contatto più diretto con lo spirito divino, la connessione cosmica più pura. Consente una conoscenza diretta e un risveglio completo. La ghiandola pineale presiede questo centro e le funzioni della parte superiore del cervello e dell’occhio destro. Lo squilibrio induce pensieri ossessivi, assenza di ispirazione artistica e creativa, vittimismo, esaltazione mistica e depressione esistenziale. La possibilità è di conciliare l’esistenza animica con la vacuità della morte. Questo centro ci connette con la natura che ci circonda e con i ritmi universali di cui facciamo parte.

In terapia è essenziale creare la possibilità nel paziente di rendere profonda la respirazione, allungando la durata delle fasi grazie alla mobilità del diaframma (che come anello muscolare si alza e si abbassa senza difficoltà) favorendo un buon contatto emotivo.