Spesso una mia paziente, Alessia di 28 anni, mi dice di essere “scontata e invisibile”. Quando le chiedo di ripetere queste parole assieme a me, il tono prima flebile, quai sussurrato, diviene via via più forte, deciso, tonante e poi arrabbiato. Poi dopo un attimo di silenzio dice: “Esisto e pretendo rispetto, non lo ho mai avuto !!” E poi scoppia in lacrime. Lascia uscire tutta la sua sofferenza di bambina che ha sempre esaudito le richieste della madre e che ha dovuto crescere e assumersi enormi responsabilità verso il fratello più piccolo di sette anni. La sua totale disponibilità verso la famiglia le ha impedito di ascoltare i suoi bisogni e di sentirsi trasparente. I ragazzi sembrano non vederla. In realtà sta scoprendo che si è sempre nascosta agli altri, vergognata del suo aspetto, della sua femminilità. Ora inizia a provare piacere, a sentirsi viva, con un corpo e uno sguardo più brillante e un sorriso dolce. Entrare nella relazione di coppia è ancora arduo, soprattutto quando vive il rifiuto come la riapertura di una ferita antica. Sta provando però a sperimentarsi, a mettersi in gioco, trovando la forza di rialzarsi dopo ogni caduta e scoprendo una forza che definisce guerriera.
Alessia come tutti ricerca la sua identità e anche il senso di appartenenza e accettazione da parte della famiglia, del gruppo di lavoro, del mondo maschile.
Oltre alle sedute individuali ho inserito Alessia in un gruppo di arteterapia affinchè potesse esprimere la sua creatività, la sua gioia di vivere, la sua ludicità grazie a un profondo senso di rispecchiamento e condivisione con il gruppo. L’utilizzo di materiali artistici, espressivi, fotografici l’ha aiutata a uscire un po’ dalla sua corazza, a sciogliere il corpo e a tirare fuori la spontaneità della bambina che è in lei.
Nei gruppi è essenziale non esprimere giudizi e tenersi aperti, accoglienti e costruire gradualmente un’amalgama, una sintonizzazione sempre più forte senza invadere i confini individuali. Le tematiche messe in gioco hanno avuto a volte spunti mitologici, come nel laboratorio “Ulisse, la scelta del viaggio” oppure fiabeschi come “Alice: la meraviglia della scoperta, nel paese del sé e dell’altro” o ancora naturalistici in correlazione agli elementi come “Fuoco, Terra, Acqua, Aria ed Etere” o “L’albero della vita”. Ho iniziato negli ultimi gruppi di incontro a proporre la ricerca intuitiva di un gesto e di una parola chiave da attribuire ciascuno al proprio lavoro artistico. Il gruppo ripeteva per tre volte quella stessa parola e gesto. Questo ha favorito una attivazione simpatica di gioco vivace, espressivo e condiviso.
In biosistemica è molto utile la terapia di gruppo che prevede norme di sicurezza per preservare i confini e la soglia di tolleranza allo stress emozionale. All’inizio è necessario rompere barriere di vergogna, disagio, sfiducia attraverso un contatto di sguardi, e una breve presentazione. Alcuni esercizi energici di massaggio, di contatti di mani, piedi, schiene per attivare il sistema simpatico facilitano lo scambio verbale e un clima più disteso e accogliente. Ciascuno poi rivela la motivazione alla partecipazione al gruppo. Il contenimento è creato dalla fiducia in sé e negli altri membri del gruppo. La biosistemica si incentra sulla rievocazione di una immagine familiare, di vita quotidiana che ha indotto ciascuno al lavoro di gruppo. L’attenzione è sulla responsabilità di ciascuno nel creare la propria esistenza e sulla possibilità quindi di gestirla a differenza dell’infanzia in cui il bambino ha subito traumi. L’immaginazione porta al tema, al problema da cui inizia l’intensificazione delle esperienze corporee, portando alla coscienza contemporaneamente sensazioni fisiche, immagini e pensieri. L’intensificazione riguarda anche la voce per favorire la liberazione di impulsi emotivi profondi come la rabbia, la paura, il desiderio. Ciascuno poi si concentra su un tema da affrontare in gruppo. Il lavoro si concentra su un membro del gruppo, il protagonista che si alza al centro mentre il resto del gruppo crea un cerchio intorno a lui. Il radicamento verticale favorisce l’emergere di emozioni aggressive di tipo simpatico come rabbia, protesta, autoritarismo per poi dopo l’espressione massima di tali emozioni, di rimbalzo emergono le emozioni parasimpatiche, vulnerabili, di paura, dolore e tristezza con pianti intensi e a volte convulsioni di ventre e petto. Anche esercizi come il gioco della lotta preparano il terreno alla espressione di emozioni di vulnerabilità rendendo le persone più consapevoli e sicuri della propria forza percependo la possibilità di tirar fuori una carica aggressiva importante che non risulta distruttiva come nelle fantasie. Le fantasie non hanno un riscontro con la realtà, con il corpo, per cui possono restare paure infondate che bloccano, isolano, reprimono l’energia vitale, se non proviamo a sperimentare col corpo in un setting protetto come quello gruppale. L’esplosione emotiva affinchè non sia solo un agito fuori controllo esige una manifestazione potente ma sicura, gestibile grazie ad esempio a movimenti più lenti. Il pianto invece può richiedere l’abbraccio, il contatto corporeo che riportano calma, calore e accoglimento. A volte è utile che dopo un periodo di silenzio i compagni di gruppo sostengano il protagonista con identificazioni che diano rispetto, apprezzamento. La fase successiva è quella del nuovo apprendimento, per rinforzare l’autonomia del protagonista, aiutarlo a trovare nuove modalità relazionali, per approfondire relazioni già esistenti e trovare nuovi contatti. L’esperienza emotiva a correttiva esperita in gruppo lascia un segno nella memoria corporea. Fiorisce dunque un nuovo progetto di vita, e con esso la creatività.
La trasformazione della sofferenza avviene attraverso l’intensificazione e la presenza del contatto con i membri del gruppo, con la propria consapevolezza riguardo le emozioni provate e l’espressione libera e regolata delle emozioni stesse. L’esperienza correttiva finale porta allo sviluppo di nuove capacità, abilità, strategie per guidare il timone della propria nave verso il mare dell’esistenza senza perdere la rotta e la fiducia in sé e nei propri compagni di viaggio.