La biosistemica usa come strumento prezioso di lavoro la parola-chiave, una parola significativa sul piano emotivo del paziente. Si pone l’accento sulla parte espressiva del linguaggio come contenitore del vissuto da comunicare , più che sulla parte simbolica e concettuale. La parola prende corpo ed è carica di aspetti sensoriali tattili, olfattivi, sonori e visivi. Come terapeuti possiamo lavorare sulla trasformazione organica della parola per fare risuonare e amplificare i suoni in modo che l’altro senta un contenitore che può contenere e che può ampliare, espandere i confini. Il linguaggio sarà più corporeo, pastoso e meno strutturato, formale. L’elaborazione cognitiva sarà successiva. Esplorare ed esprimere la voce in tutte le sue sfumature, tonalità, nei suoi suoni puri, onomatopeici, nei suoi versi animali, nelle sue lallazioni precedenti lo sviluppo del linguaggio sono possibilità di contatto profondo con se stessi. E’ possibile anche distinguere la propria voce autentica dalle altre voci interiorizzate, come quelle genitoriali. La parola chiave inoltre è come se emergesse da uno sfondo comunicativo più omogeneo, talvolta sembra non avere nulla a che fare col contenuto del discorso del paziente oppure sembra avere una carica emotiva più intensa o una colorazione corporea particolare. Mettere in luce, portare alla consapevolezza tale parola equivale ad avere accesso a un mondo sconosciuto, affascinante e ricco di affetti. L’esplorazione attraverso il gioco di tali parole consente di ritrovare e integrare aspetti corporei, risorse infantili, superando la rigidità del giudizio e ritrovando la spontaneità dell’espressione di Sè!