Il contatto corporeo è la prima forma di scambio umano: alla nascita ci gettiamo nel mondo e siamo accolti dalla mamma in braccio. Come sostiene Bowlby, il cucciolo d’uomo ricerca in maniera naturale la vicinanza e il contatto corporeo col genitore che si prende cura di lui. Questa ricerca è volta ad avere protezione, sicurezza e non si limita al solo periodo infantile ma a tutto l’arco della vita.
A livello sociale, culturale, educativo e familiare spesso la ricerca del contatto, dell’abbraccio e il pianto accolto dall’altro, sono stati etichettati sempre più come manifestazioni di debolezza, di incapacità ad affrontare la vita, di vergogna, in particolare per il genere maschile, per cui tali massicci e radicati condizionamenti portano a evitare espressioni sane di contatto fisico in momenti di disagio, di bisogno, reprimendo le emozioni nel corpo e bloccando le energie vitali.
La forma di intimità con sé e con gli altri più autentica è quella corporea: questo spiega anche la paura ancestrale di sentire noi stessi e gli altri, poiché in fondo ci sentiamo nudi, allo scoperto, privi di difese, appunto proprio come quando siamo venuti al mondo, alla mercè del mondo, del giudizio, della possibilità di essere escluso dal gruppo.
Il pianto della nascita, il primo vagito è la protesta per aver perduto quella condizione di benessere, perfezione e completezza durante la gravidanza, quello stato d’essere, breve, privilegiato, privo di bisogni e di mancanze. La nascita è di fatto privazione violenta e cruda e la pelle del corpo oltre al suono della voce è il primo organo di contatto profondo col mondo. Sostanzialmente ciò che serve al neonato per alleviare l’angoscia esistenziale sono l’abbraccio, il sostegno completo del corpo, il massaggio, in modo che la sensazione del bambino sia quella di sentirsi accettato, e non rifiutato.
Quando questi contatti iniziali ed essenziali mancano (ad esempio durante l’allattamento o l’addormentamento) e tali mancanze si prolungano nei primi mesi di vita, si sviluppano nel bambino sentimenti di paura, frustrazione, rabbia, angoscia e pulsioni distruttive che non sa come gestire.
In terapia dunque è importante l’ascolto dell’altro e l’accettazione totale empatica del paziente attraverso anche il con-tatto del corpo attraverso l’abbraccio, alcuni specifici esercizi corporei, e anche il contatto visivo e vocale.
Le persone che soffrono e che si presentano per chiedere aiuto bloccano nel corpo le emozioni per cui il contatto è una modalità per accedere al vissuto e scioglierlo, per consentire la scarica del sistema nervoso autonomo correlato a una emozione. (Jerome Liss, Maurizio Stupiggia, ” La terapia Biosistemica: un approccio originale al trattamento psico-corporeo della sofferenza emotiva”, ed. Franco Angeli)
Ad esempio emozioni come la rabbia sono correlate alla scarica del sistema nervoso simpatico, attivo e pronto all’azione di attacco o fuga, mentre emozioni vulnerabili quali la paura, l’angoscia, il dolore sono correlate al sistema nervoso parasimpatico. I due sistemi si alternano in condizioni di benessere seguendo ciascuno un’onda energetica che si esaurisce dopo avere raggiunto l’apice e rimbalza nell’altro.
Il sistema simpatico prepara all’azione vigorosa che comporta un consumo energetico, il sistema parasimpatico invece è predisposto al recupero energetico, alla ricettività, al ri-lascio distensivo. Le emozioni dunque seguono questo andamento, anche se fin da bambini non viene data sempre l’opportunità di percorrere fino in fondo l’onda energetica. Spesso il bambino di fronte al “NO” del genitore autoritario non può né attaccare, né fuggire, la sua azione è inibita con diverse conseguenze quali:
paura, rabbia bloccata in seguito alla frustrazione,
blocchi fisici come nodo in gola, morsa allo stomaco per la voglia di vendicarsi, cuore che accelera o senso di peso al petto
sul piano neurofisiologico il sistema nervoso simpatico e parasimpatico si sovrappongono anziché alternarsi
Portare in terapia a intensificare la rabbia tramite esercizi fisici (es. spingere mani con forza contro il muro stando in piedi) esprimendo l’onda energetica simpatica pienamente, consente poi di rimbalzare in modo naturale all’espressione dell’onda parasimpatica, abbandonando il corpo seduti o sdraiati, percependo più a fondo emozioni come paura, senso di solitudine, abbandono. In questa ultima situazione il terapeuta fa sentire la sua presenza accogliente sostenendo anche con l’abbraccio.
L’abbraccio che cura dunque non è un tabù o una resistenza al lavoro terapeutico, bensì una risorsa preziosa. Esso scalda sul piano fisico, comunica protezione, sostegno, un confine che argina emozioni forti, che si temono incontrollabili o non accettate, incomprese dall’altro.
Le braccia che si aprono senza paura espongono il cuore e gli organi vitali trasmettendo la possibilità di entrare in contatto profondo e intimo. Se il terapeuta si espone con coraggio, anche il paziente è in grado di farlo. L’abbraccio e a volte anche il massaggio permettono di fare sciogliere il corpo e di consentire la piena espressione emozionale, da sempre inibita in un contesto scaldo e sicuro. E’ possibile finalmente vivere a pieno ciò che non è stato possibile in precedenza, scoprendo una nuova energia vitale, una nuova fiducia in se stessi e negli altri, e la possibilità di costruire un nuovo progetto, integrando pensieri, emozioni, corpo e relazioni più sane e appaganti.