Teoria analitica
Con il termine lutto s’intende quell’insieme di operazioni, sentimenti, che mettiamo in atto quando veniamo a perdere una persona che amiamo; secondo Freud le finalità del lutto, così inteso, sono tre: celebrare le qualità del morto, lenire il dolore di chi resta e garantire a se stessi che il morto non torni in vita. Essere depressi e’ non aver operato il lutto di una perdita simbolica o reale di una persona amata (oggetto di amore) avvertita come rifiuto. Freud descrive l’ambivalenza interiorizzata nei confronti dell’oggetto di amore che puo’ determinare una forma patologica di lutto se l’oggetto e’ perso o viene vissuto come perso. Alla perdita dell’oggetto seguirebbe un disinvestimento libidico dall’oggetto amato ed una regressione ad uno stadio recettivo-orale.
Teoria cognitiva
Attraverso modalita’ di “attaccamento mancato” si viene a formare l’organizzazione di tipo depressivo caratterizzata da efficienza forzata, senso del dovere, sensazioni di non amabilita’, etc. In situazioni significative di “perdita” l’organizzazione viene a scompensarsi in un vero e proprio quadro clinico. Dopo l’evento scompensante le modalita’ costruttive di se stessi e del mondo vengono riorganizzate in senso depressivo dando il via alla depressione clinica.
Teoria biologica
Gli studi biochimici piu’ recenti focalizzano l’attenzione sulle modificazioni dei recettori monoaminergici, in particolare sull’ipersensibilita’ dei recettori postsinaptici serotoninergici e beta-noradrenergici e quindi o un deficit funzionale di noradrenalina (ipotesi catecolaminica della depressione) o un deficit della serotonina (ipotesi serotoninica della depressione) o un’alterazione caratterizzata da un deficit del bilanciamento dei due sistemi.
Teoria genetica
Sia i disturbi depressivi che quelli bipolari si trasmettono a livello familiare. Il rischio di avere tali disturbi aumenta se esiste una positivita’ della storia familiare. Si ipotizza la presenza di un gene dominante sul braccio corto del cromosoma 11 associato a disfunzione del metabolismo delle catecolamine.
Personalita’ e depressione
I rapporti tra personalita’ e depressione sono stati oggetto di ricerca e riflessioni da numerosi Autori. Kraepelin sottolineo’ che era frequente il riscontro di “temperamenti” particolari, veri e propri “punti di partenza” di sviluppi patologici di tipo affettivo. Per temperamento si intende un insieme di caratteristiche geneticamente determinate. Kreschtmer nel 1925 descrisse vari tipi di personalita’ affettive ereditarie e prepatologiche. Scneider (1957) descrisse una psicopatia depressiva accennando a tipizzazioni temperamentali depressive che sottintenderebbero un continuum con la psicopatologia. Akiskal e’ l’Autore che, piu’ di tutti, ha ripreso le teorizzazioni di Schneider. Secondo Akiskal esisterebbero caratteristiche “predepressive” di personalita’ in relazione agli episodi clinici:
Temperamento ciclotimico: frequenti oscillazioni del tono dell’umore di tipo sia depressivo che ipomaniacale.
Temperamento Ipertimico: iperattivi, allegri, ottimisti, espansivi.
Temperamento distimico: poca energia, limitata capacita’ lavorativa, pessimisti, introversi.
Il concetto di temperamento e’ stato modificato nelle teorizzazioni di altri Autori che hanno proposto il termine di carattere intendendo con esso gli attributi appresi con l’esperienza nelle prime fasi dello sviluppo. Autori di scuola analitica (Freud, Rado, Klein, Abraham, Arieti) e cognitiva (Beck, Guidano) hanno sviluppato tale modello. Beck, in particolare, ha sottolineato il ruolo preminente delle cognizioni nel determinismo della patologia depressiva; lo stile cognitivo predepressivo e’ caratterizzato da pessimismo, disistima e aspettative negative riguardo al se’, al mondo e al futuro (triade cognitiva). Infine, Tellenbach, con la sua analisi fenomenologica della struttura di personalita’ depressiva, ha identificato nel typus melancholicus le caratteristiche del “futuro depresso”:
* ordinatezza;
* coscienziosita’ coatta, dovere;
* alta pretesa delle proprie prestazioni;
* includenza (inclusione in uno spazio vitale ristretto);
* rimanenza (restare in debito sempre di qualcosa per l’impossibilita’ a realizzare tutto cio’ che si autoimpone);
Teoaria olistica e integrata
A mio avviso, tutti gli approcci precedentemente esposti hanno una validità, ma affrontano il disagio da un’angolazione ristretta o comunque parziale, per cui è indispensabile integrare questi differenti teorie, senza chiudersi e cristallizzarsi in una sola mappa del mondo, per quanto articolata essa sia. La conoscenza per essere sempre più oggettiva non può fissarsi su una sola teoria, e richiede di ampliarsi ogni volta, poichè la consapevolezza evolve consentendo ogni volta una visione sempre più ampia e onnicomprensiva.